QUI RIPOSANO IN PACE L' ARTE E LA CULTURA. AMEN.

"sogno"

"sogno"

venerdì 26 giugno 2009

Mia triste Italia


Un paese che fu bandiera di liberta' e cultura e' comandato oggi da un
politico che censura l'informazione che non gli e' gradita. Che cosa e'
successo all'Italia? Perche' coloro che l'hanno amata fanno cosi' fatica a
riconoscerla?

Di Juan Arias - El Pais


Ho vissuto in Italia piu' che in Spagna: circa 50 anni. A questo paese che,
secondo l'Unesco, riunisce il 36% dell'arte di tutto il pianeta, devo molto
sia umanamente che culturalmente.
In Italia, dove studiai, dove ho respirato per la prima volta l'aria pura
della liberta' - arrivando dal paese della censura, delle condanne a morte
arbitrarie, dell'inesistenza dei partiti politici - mi diedero la
cittadinanza per meriti culturali. Li' votai per la prima volta nella mia
vita. Avevo piu' di 40 anni. In Spagna non si votava, si viveva solo nel
terrore.
Ricordero' sempre quella mattina quando potei inserire la mia scheda
elettorale nel segreto dell'urna. Il mio voto, mi dissero, ne valeva mille.
Erano elezioni in cui gli italiani iniziavano a stancarsi dei politici, e
questo invitava all'astensione. La Rai mi intervisto' chiedendomi cosa
provava uno spagnolo che poteva votare per la prima volta. Parlai della mia
evidente emozione e osai chiedere a coloro che intendevano disertare le urne
che andassero a votare come a risarcirmi per non averlo potuto fare a mia
volta per cosi' tanti anni. Dalla radio, in seguito, mi telefonarono per
dirmi che migliaia di persone, comprese famiglie intere, volevano che io
sapessi che erano andate a votare per me.


In Italia ho potuto pubblicare quello che nel mio paese non mi era
consentito. Riviste e quotidiani mi hanno aperto le loro porte. Ho goduto
del privilegio di conoscere e intervistare i personaggi della letteratura e
dell'arte che in quel periodo facevano grande il paese di Dante e Leonardo,
scrittori come Fellini, Pasolini, Sciascia, Italo Calvino; stilisti come
Valentino, Armani, Missoni; grandi imprenditori come Agnelli o Pirelli;
magnifici editori come Einaudi o Feltrinelli. e politici degni come
Berlinguer o Moro, o giudici capaci come Falcone, con il quale parlai alcuni
mesi prima che fosse assassinato. Durante il mio incontro con il giudice
Falcone eravamo circondati da un sacco di polizia armata fino ai denti e di
sirene: "E' tutta scena. Quando la mafia decidera', mi uccideranno lo
stesso" mi disse il magistrato partendo con un mezzo sorriso triste. Lo
uccisero.

Quella era un'Italia che io amavo appassionatamente e nella cui lingua
scrissi i miei primi libri.

Fino a che arrivo' Silvio B. Lo vidi atterrare a Palermo, capoluogo della
Sicilia, cuore della mafia, in elicottero, come un dio pagano. Era alla sua
prima candidatura. In pochi credevano che quell'istrione, che mai aveva
avuto a che fare con la politica, in un paese tanto politicizzato come
l'Italia potesse vincere. Io scrissi sul mio quotidiano che sarebbe stato
eletto. Vidi quel giorno a Palermo quasi mezzo milione di persone alzare le
braccia verso l'elicottero che portava il Salvatore.

La mafia siciliana aveva cambiato bandiera. Abbandonava la potente
Democrazia Cristiana, fino ad allora la sua signora, per offrire il bacio e
il suo voto all'imprenditore di cui si diceva che avesse l'arte magica di
creare posti di lavoro dal nulla. Da quel giorno l'Italia inizio' ad entrare
nel tunnel della decadenza. Io me ne tornai in Spagna.
Ora vedo, come in un incubo, che gli italiani, che a me avevano dato il
piacere della liberta' di informazione e di espressione, devono leggere El
Pais per poter conoscere le spudoratezze compiute dal loro Cavaliere. Dov'e'
quell'Italia che il mondo ammirava e amava?

L'Italia mi difese quando il governo del dittatore Franco voleva processarmi
per aver pubblicato un articolo che riguardava il comportamento della Chiesa
spagnola durante la dittatura militare. Mi convocarono a Madrid. Fui
ricevuto dall'allora ministro Giron, a casa sua. Mi disse che un ministro
aveva portato il mio articolo al Consiglio dei Ministri chiedendo la mia
testa. Al termine del Consiglio, Franco si limito' a chiamare il ministro
Giron e gli disse: "Lascia vivo questo ragazzo, altrimenti andiamo a farne
un martire in Italia. Pero' chiamalo e raccontagli cosa e' successo". Era un
avviso chiaramente mafioso. Cosi' era allora in Spagna. Cosi' e' oggi, o
quasi, in Italia.
Nelle mie notti insonni mi chiedo come sia potuta avvenire una tale
metamorfosi. Come si sia arrivati a questa triste Italia di oggi. Posso solo
farmi alcune domande partendo dalla mia lunga esperienza italiana.

Perche' B vinse la prima volta, quando gia' circolava un libro che
raccontava i suoi misfatti e le illegalita' commesse come impresario edile a
Milano? Perche', quando erano al potere, i socialisti di Bettino Craxi, che
fini' la sua vita in esilio ricercato per corruzione, permisero a B di
creare il suo impero televisivo contro tutte le norme della Costituzione?
Che fecero, o cosa non fecero, i comunisti, eredi del severo e onorato
Berlinguer, quando dopo piu' di 40 anni di lotte per avere il potere lo
raggiunsero e lo gestirono cosi' male che gli italiani preferirono eleggere
B? In che cosa furono ingannati gli italiani? Perche' persero cosi'
velocemente l'essenza di quel che era stato il maggior partito comunista
d'Europa, che riuniva sotto le sue ali e proteggeva dalla mediocrita' della
dx tutta l'intelligenza, l'arte e la cultura del paese?
Un partito, insisto, che aveva come leader un Berlinguer sempre timido e
schivo, come doveva essere un figlio dell'austera Sardegna, pero' onesto,
rispettato e tanto amato. Il giorno della sua morte si paralizzo' la citta'
di Roma e due milioni di persone si riversarono per le strade come se la
squadra nazionale di calcio avesse vinto il mondiale.

A quel tempo ero un critico severo dell'allora potente Democrazia Cristiana,
che da 40 anni deteneva il potere e che fini' travolta dagli scandali per la
sua corruzione. Oggi, a tanti anni di distanza, devo riconoscere che quello
che vedo ora e' peggio. Ed e' davanti agli occhi di tutti. La Democrazia
Cristiana, profondamente conservatrice, aveva, comunque, un profondo
rispetto per la liberta' di espressione dei giornalisti. Conservo ancora
alcuni biglietti, scritti con la calligrafia grande di Fanfani o quella
minuta di Andreotti, entrambi piu' volte a capo del Governo. Ogni volta che
pubblicavo un articolo critico rivolto all'uno o all'altro, arrivava al mio
ufficio un motociclista che mi portava uno di questi biglietti, dove mi
ringraziavano per quello che avevo scritto su di loro.

Quando la Spagna stava per entrare nell'Unione Europea, il ministro degli
Affari Esteri italiano era Andreotti. Nella ambasciata italiana a Madrid,
alcuni piu' realisti del re decisero di analizzare i miei articoli,
concludendo che ero eccessivamente critico nei confronti dei politici
italiani. Chiamarono l'ambasciatore spagnolo a Roma e, con evidente
atteggiamento mafioso, gli ricordarono che l'assenso dell'Italia era
fondamentale per l'entrata della Spagna nella Comunita' Europea e che i miei
articoli non piacevano.
La notizia arrivo' alle orecchie di Andreotti, del tutto ignaro della
vicenda. Quella mattina mi chiamo' per offrirmi un'intervista. Mi ricevette
a braccia aperte. Non si parlo' della faccenda. Mi racconto' aneddoti
inediti sul suo rapporto con papa Giovanni Paolo II. Mi disse che il Papa
polacco a volte lo invitava a pranzo o a cena, e ad assistere con lui alla
messa nella sua cappella privata. Prima di congedarmi mi autografo' un libro
con queste parole: "Al mio caro collega giornalista Juan Arias, con
amicizia". Andreotti si vantava sempre di essere un giornalista
professionista. E sulla porta mi disse. "La Spagna sara' molto importante
nella Comunita' europea. Io votero' a favore". Lo ha fatto.

Andreotti, cio' nonostante, soleva dire che i politici spagnoli mancavano di
"finezza" (in italiano nel testo. NdR). Tristemente, questa "finezza" oggi
manca a tanti politici italiani, a partire dal suo presidente e dalla sua
corte faraonica, a cui l'informazione libera provoca orrore e panico.
Forse non e' vero che agli italiani piace tanto B - per lo meno agli
italiani che conosco io - e forse e' vero che non piacciono loro nemmeno gli
altri politici. A questi altri io diedi il primo voto della mia vita. Come
direbbe Saramago: Triste cosa.

3 commenti:

  1. questo xk forse non ci ricordiamo più di cos'era la nostra Italia, offuscati dal cavaliere e corte e qualcuno di tanto in tanto ce lo deve ricordare.....

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  2. Questo giornalista si ricorda di una bella immagine di Andreotti, inquisito per mafia,certo il paragone con la dittatura di Franco, ha nella sua prospettiva il benessere della DC. forse b. è il prossimo dittatore d'europa?

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