QUI RIPOSANO IN PACE L' ARTE E LA CULTURA. AMEN.

"sogno"

"sogno"

lunedì 20 aprile 2009

IO NON DO UNA LIRA...


Scusate, ma io non darò neanche un centesimo di euro a favore di chi
raccoglie fondi per le popolazioni terremotate in Abruzzo.
So che la mia suona come una bestemmia. E che di solito si sbandiera
il contrario, senza il pudore che la carità richiede.
Ma io ho deciso. Non telefonerò a nessun numero che mi sottrarrà due
euro dal mio conto telefonico, non manderò nessun sms al costo di un
euro. Non partiranno bonifici, né versamenti alle poste. Non ho posti
letto da offrire, case al mare da destinare a famigliole bisognose,
né vecchi vestiti, peraltro ormai passati di moda.
Non l'ho scritto io ma vale la pena di diffonderlo

Ho resistito agli appelli dei vip, ai minuti di silenzio dei
calciatori, alle testimonianze dei politici, al pianto in diretta del
premier. Non mi hanno impressionato i palinsesti travolti, le dirette
no - stop, le scritte in sovrimpressione durante gli show della sera.
Non do un euro. E credo che questo sia il più grande gesto di
civiltà, che in questo momento, da italiano, io possa fare.
Non do un euro perché è la beneficenza che rovina questo Paese, lo
stereotipo dell'italiano generoso, del popolo pasticcione che ne
combina di cotte e di crude, e poi però sa farsi perdonare tutto con
questi slanci nei momenti delle tragedie. Ecco, io sono stanco di
questa Italia. Non voglio che si perdoni più nulla. La generosità,
purtroppo, la beneficenza, fa da pretesto. Siamo ancora lì, fermi
sull'orlo del pozzo di Alfredino, a vedere come va a finire,
stringendoci l'uno con l'altro. Soffriamo (e offriamo) una
compassione autentica. Ma non ci siamo mossi di un centimetro.
Eppure penso che le tragedie, tutte, possono essere prevenute. I
pozzi coperti. Le responsabilità accertate. I danni riparati in poco
tempo.
Non do una lira, perché pago già le tasse. E sono tante. E in queste
tasse ci sono già dentro i soldi per la ricostruzione, per gli aiuti,
per la protezione civile. Che vengono sempre spesi per fare altro. E
quindi ogni volta la Protezione Civile chiede soldi agli italiani. E
io dico no. Si rivolgano invece ai tanti eccellenti evasori che
attraversano l'economia del nostro Paese.
E nelle mie tasse c'è previsto anche il pagamento di tribunali che
dovrebbero accertare chi specula sulla sicurezza degli edifici, e
dovrebbero farlo prima che succedano le catastrofi. Con le mie tasse
pago anche una classe politica, tutta, ad ogni livello, che non
riesce a fare nulla, ma proprio nulla, che non sia passerella.
C'è andato pure il presidente della Regione Siciliana, Lombardo, a
visitare i posti terremotati. In un viaggio pagato - come tutti gli
altri - da noi contribuenti. Ma a fare cosa? Ce n'era proprio
bisogno?
Avrei potuto anche uscirlo, un euro, forse due. Poi Berlusconi ha
parlato di "new town" e io ho pensato a Milano 2 , al lago dei cigni,
e al neologismo: "new town". Dove l'ha preso? Dove l'ha letto? Da
quanto tempo l'aveva in mente?
Il tempo del dolore non può essere scandito dal silenzio, ma tutto
deve essere masticato, riprodotto, ad uso e consumo degli spettatori.
Ecco come nasce "new town". E' un brand. Come la gomma del ponte.


Avrei potuto scucirlo qualche centesimo. Poi ho visto addirittura
Schifani, nei posti del terremoto. Il Presidente del Senato dice che
"in questo momento serve l'unità di tutta la politica". Evviva. Ma io
non sto con voi, perché io non sono come voi, io lavoro, non campo di
politica, alle spalle della comunità. E poi mentre voi, voi tutti,
avete responsabilità su quello che è successo, perché governate con
diverse forme - da generazioni - gli italiani e il suolo che
calpestano, io non ho colpa di nulla. Anzi, io sono per la giustizia.
Voi siete per una solidarietà che copra le amnesie di una giustizia
che non c'è.
Io non lo do, l'euro. Perché mi sono ricordato che mia madre, che ha
servito lo Stato 40 anni, prende di pensione in un anno quasi quanto
Schifani guadagna in un mese. E allora perché io devo uscire questo
euro? Per compensare cosa?
A proposito. Quando ci fu il Belice i miei lo sentirono eccome quel
terremoto. E diedero un po' dei loro risparmi alle popolazioni
terremotate.
Poi ci fu l'Irpinia. E anche lì i miei fecero il bravo e simbolico
versamento su conto corrente postale. Per la ricostruzione. E
sappiamo tutti come è andata.
Dopo l'Irpinia ci fu l'Umbria, e San Giuliano, e di fronte lo strazio
della scuola caduta sui bambini non puoi restare indifferente.
Ma ora basta. A che servono gli aiuti se poi si continua a fare
sempre come prima?
Hanno scoperto, dei bravi giornalisti (ecco come spendere bene un
euro: comprando un giornale scritto da bravi giornalisti) che una
delle scuole crollate a L'Aquila in realtà era un albergo, che un
tratto di penna di un funzionario compiacente aveva trasformato in
edificio scolastico, nonostante non ci fossero assolutamente i minimi
requisiti di sicurezza per farlo.
Ecco, nella nostra città, Marsala, c'è una scuola, la più popolosa,
l'Istituto Tecnico Commerciale, che da 30 anni sta in un edificio che
è un albergo trasformato in scuola. Nessun criterio di sicurezza
rispettato, un edificio di cartapesta, 600 alunni. La Provincia ha
speso quasi 7 milioni di euro d'affitto fino ad ora, per quella
scuola, dove - per dirne una - nella palestra lo scorso Ottobre è
caduto con lo scirocco (lo scirocco!! Non il terremoto! Lo scirocco!
C'è una scala Mercalli per lo scirocco? O ce la dobbiamo inventare?)
il controsoffitto in amianto.
Ecco, in quei milioni di euro c'è, annegato, con gli altri, anche
l'euro della mia vergogna per una classe politica che non sa decidere
nulla, se non come arricchirsi senza ritegno e fare arricchire per
tornaconto.
Stavo per digitarlo, l'sms della coscienza a posto, poi al Tg1 hanno
sottolineato gli eccezionali ascolti del giorno prima durante la
diretta sul terremoto. E siccome quel servizio pubblico lo pago io,
con il canone, ho capito che già era qualcosa se non chiedevo il
rimborso del canone per quella bestialità che avevano detto.
Io non do una lira per i paesi terremotati. E non ne voglio se
qualcosa succede a me. Voglio solo uno Stato efficiente, dove non
comandino i furbi. E siccome so già che così non sarà, penso anche
che il terremoto è il gratta e vinci di chi fa politica. Ora tutti
hanno l'alibi per non parlare d'altro, ora nessuno potrà criticare il
governo o la maggioranza (tutta, anche quella che sta
all'opposizione) perché c'è il terremoto. Come l'11 Settembre, il
terremoto e l'Abruzzo saranno il paravento per giustificare tutto.
Ci sono migliaia di sprechi di risorse in questo paese, ogni giorno.
Se solo volesse davvero, lo Stato saprebbe come risparmiare per
aiutare gli sfollati: congelando gli stipendi dei politici per un
anno, o quelli dei super manager, accorpando le prossime elezioni
europee al referendum. Sono le prime cose che mi vengono in mente. E
ogni nuova cosa che penso mi monta sempre più rabbia.
Io non do una lira. E do il più grande aiuto possibile. La mia
rabbia, il mio sdegno. Perché rivendico in questi giorni difficili il
mio diritto di italiano di avere una casa sicura. E mi nasce un
rabbia dentro che diventa pianto, quando sento dire "in Giappone non
sarebbe successo", come se i giapponesi hanno scoperto una cosa
nuova, come se il know - how del Sol Levante fosse solo un' esclusiva
loro. Ogni studente di ingegneria fresco di laurea sa come si fanno
le costruzioni. Glielo fanno dimenticare all'atto pratico.
E io piango di rabbia perché a morire sono sempre i poveracci, e nel
frastuono della televisione non c'è neanche un poeta grande come
Pasolini a dirci come stanno le cose, a raccogliere il dolore degli
ultimi. Li hanno uccisi tutti, i poeti, in questo paese, o li hanno
fatti morire di noia.
Ma io, qui, oggi, mi sento italiano, povero tra i poveri, e rivendico
il diritto di dire quello che penso.
Come la natura quando muove la terra, d'altronde.

5 commenti:

  1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  2. Questa nota non è stata scritta da me ma dato che corrisponde esattamente al mio pensiero, l'ho riportata così come l'ho letta. Non conosco l'autore altrimenti avrei proposto un encomio...:-)))Cons.

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  3. Consuelo sono d'accordo con te, non sentirti senza cuore, ma il buonismo italiano che ci porta a fare beneficenza a disgraziati lucrati dai politici locali, non mi va bene! paghi chi ha costruito l'ospedale e la casa dello studente! Maria Chiara Teodori

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  4. Finalmente uno che resiste all'onda dell'orgia post terromot. Avevo già scritto sul mio giornale un testo simile e mi fa molto piacere che a pensarla fuori dal coro non ci sia solo io. Brava Consuelo per aver ospitato questo scritto.

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  5. Io sono nauseata da quello che sta succedendo e non ascolto più neanche le notizie perchè solo in Italia poteva succedere che stumentalizzassero una catastrofe per farla diventare un mezzo di pubblicità politica....non ho parole....

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